Museo di Informatica e Storia del CalcoloPennabilli ( Pesaro ) |
PI
GRECO
: STORIA E CURIOSITA’ DI UN
NUMERO
AFFASCINANTE -------------------------------------------------------------------------------------------------- II = 3,1415926535897932384626433832795028841971693993751105820974944592307816406... PREMESSALa ricerca di II è radicata profondamente nello spirito umano. Il rapporto fra una circonferenza e il proprio diametro, simbolicamente rappresentato dalla lettera greca II, interviene spesso in matematica, fisica, statistica, ingegneria, architettura, biologia, astronomia e persino nelle arti. Il
II è nascosto nei ritmi delle onde acustiche come di quelle del mare, ed
è onnipresente sia in natura
sia in geometria. Il matematico inglese Augustus De Morgan scrisse una
volta, a proposito del II, “questo misterioso 3,14159…che entra da
ogni porta e da ogni finestra e che si trova sotto ogni tetto”.
STORIA DEL PI GRECOAi bambini della scuola, normalmente, si fa fare questa semplice sperimentazione: una cordicella avvolta attorno alla periferia di un cerchio è poco più di tre volte più lunga del suo diametro. Misurando con maggiore precisione gli allievi scoprono che il valore del pezzo di cordicella che eccede il triplo del diametro è più di un ottavo del diametro ma meno di un quarto. EGIZIANILa più antica documentazione esistente di questo rapporto ci è stata lasciata da uno scriba egizio di nome Ahmes intorno al 1650 a.C., in quello che è noto oggi come il Papiro di Rhind. Ahmes scrisse: “ Togli 1/9 a un diametro e costruisci un quadrato sulla parte che ne rimane; questo quadrato ha la stessa area del cerchio”. Poiché sappiamo che l’area del cerchio è uguale a IIr , se quest’area è il quadrato di 8/9 del diametro, il testo di Ahmes implica che il rapporto della circonferenza al diametro è pari a 16 - 9 = 3,16049… Il valore implicito di Ahmes si discostava di meno dell’1 per cento dal vero valore di circa 3,141592, manifestando una precisione notevole per quel tempo. Questo risultato non ebbe però alcuna diffusione. Mille anni dopo i babilonesi e gli antichi ebrei continuavano infatti a usare il valore 3, che era molto meno esatto. Le formule contenute nel Papiro Rhind sono anche il primo caso documentato di un tentativo di “quadrare il cerchio”, ossia di costruire un quadrato con la stessa area del cerchio. Gli
storici della matematica attribuiscono spesso agli egizi il valore
di II= (256/81). In realtà non c’è alcuna prova diretta che gli egizi
abbiano considerato II un numero costante, e tanto meno che abbiano
tentato di calcolarlo. Essi furono invece certamente interessati a trovare
il rapporto fra il cerchio e il quadrato , probabilmente allo scopo di
misurare con precisione terreni ed edifici. EBREI GRECIDopo che in Egitto lo scriba Ahmes ebbe registrato le sue formulazioni, per un migliaio di anni nessuno dedicò più molte riflessioni al rapporto fra cerchi e quadrati.. Per tutto quel tempo egizi e babilonesi ritennero che la comprensione elementare del rapporto fosse sufficiente ai fini dell’agrimensura e della costruzione degli edifici. Lo studio della misura del cerchio fu ripreso con rinnovato impegno nel quarto secolo a.C. dai greci. Il primo pensatore greco a tentare di trovare un rapporto definitivo fra un cerchio e un quadrato fu Anassagora di Clazomene (500-428 a.C.). La quadratura del cerchio fu uno dei problemi matematici più antichi. Poco
tempo dopo Antifonte e Brisone di Eraclea, contemporanei di Socrate
(469-399 a.C.), tentarono di trovare l'area di un cerchio usando una
brillante nuova idea: il principio di esaustione. Se
si prende un esagono e si raddoppiano i suoi lati trasformandolo in un
dodecagono, e poi li si raddoppia ancora, e ancora, prima o poi
si avrà un poligono con un numero di lati tanto grande da essersi
trasformato in un cerchio. Prima Antifonte stimò l’area di un cerchio,
calcolando l’area dei successivi poligoni -dal numero di lati sempre
maggiore- in esso inscritti. Poi Brisone fece un secondo passo
rivoluzionario, calcolando le aree di due poligoni, uno inscritto nel
cerchio e l’altro ad esso circoscritto. Egli ipotizzò che l’area del
cerchio dovesse essere compresa fra le aree dei due poligoni: questa fu
probabilmente la prima volta che si determinò un risultato usando limiti
inferiori e superiori. Un paio di secoli dopo, la sfida fu ripresa dal
siracusano Archimede ( 287- 212 a.C.) uno fra i massimi pensatori della
storia, straordinario matematico, fisico e inventore. Quando
rivolse la sua attenzione al cerchio, Archimede usò nei suoi calcoli i
metodi di esaustione di Antifonte e Brisone. Si concentrò però sui
perimetri dei due poligoni anziché sulle loro aree, trovando così
un’approssimazione alla circonferenza del cerchio. Egli raddoppiò
quattro volte i lati di due esagoni, ottenendo due poligoni di 96 lati, di
cui calcolò i perimetri. Successivamente rese pubbliche le sue scoperte
nel libro “Misura del cerchio”.( v. appendice 6): “La circonferenza
di ogni cerchio è tripla del diametro, più una parte minore di un
settimo del diametro e maggiore di dieci settantunesimi”(prop.3).
Archimede sapeva di poter descrivere solo i limiti superiore e inferiore
del rapporto, ma se si fa una media dei due valori si ottiene 3,1419, con
un errore di meno di tre decimillesimi del valore reale. Nella
storia delle matematiche c’è dissenso sul problema se a calcolare il
limite inferiore del rapporto come pari a 211875/67441 (ossia circa
3,14163) sia stato Apollonio di Perga (grande matematico, di trent’anni
più giovane di Archimede) o lo stesso siracusano, fondandosi sulla
“Misura del cerchio”. Ma chiunque abbia compiuto i calcoli,
questo è l’ultimo valore registrato di prima che il famoso astronomo
Tolomeo (87-165) usasse, oltre due secoli dopo, il valore meno esatto di 3
17/120 (circa 3,14167). ROMANIAl culmine del loro impero (27 a.C.- 476 d.C.), i romani usarono spesso per II il valore di 3 1/8 (pur sapendo che 3 1/7 era più esatto), perché per le loro legioni era più facile usare 1/8 (che è una metà di una metà di una metà). In effetti, un trattato romano di agrimensura contiene addirittura le seguenti istruzioni per la quadratura del cerchio: ”Dividi la circonferenza di un cerchio in quattro parti e prendine una come lato di un quadrato; questo quadrato avrà l’area uguale al cerchio”. Ciò implica che II= 4. Conoscendo queste cose, ci sorprende che i romani abbiano potuto costruire i loro grandi monumenti. CINESI L’astronomo
del V secolo Tsu Ch’ung-chih, usando poligoni inscritti di almeno 24.576
lati (con ogni probabilità
partì da un esagono e ne raddoppiò il numero dei lati undici volte: 6x2
), dedusse ch eII vale approssimativamente 355/113 (circa
3,1415929). Questo valore differisce di solo 8 milionesimi dell’1 per
cento dal valore oggi accettato di 3,141592653589…Nessuno avrebbe
trovato un valore più esatto per oltre mille anni. INDIANIAttorno al 530 d.C. il grande matematico indiano Aryabatha trovò un’equazione per calcolare il perimetro di un poligono di 384 lati; ne ricavò un rapporto fra circonferenza e diametro di V9,8684 (= 3,1414). Scrisse Aryabatha che se a è uguale al lato di un poligono regolare di n lati inscritto in un cerchio di diametro unitario, e b è il lato di un poligono regolare inscritto di 2n lati, allora b=V[1/2-1/2V(1-a )]. Questa è l’equazione usata per trovare il suo ben noto valore di II. Il
più grande matematico indiano del VII secolo, Brahmagupta calcolò i
perimetri dei poligoni inscritti di 12, 24, 48 e 96 lati, ottenendo,
rispettivamente, i valori di V9,65, V9,81, V9,86, V9,87. Poi, armato da
questa informazione, fece un salto di fede supponendo che,
all’approssimarsi dei poligoni al cerchio, i perimetri, e quindi il II,
si sarebbero approssimati a V10. Era, ovviamente, del tutto in errore.
Appare strano che non si sia reso conto che le sue radici quadrate stavano
convergendo verso un numero significativamente minore di 10 (in effetti il
quadrato di II è solo di poco maggiore di 9,8696). La radice quadrata
di 10 fu tuttavia il valore da lui adottato, e fu il valore che si
diffuse dall’India all’Europa, e che fu usato nel Medioevo dai
matematici di tutto il mondo, forse anche grazie al fatto che è così
facile da trasmettere e da ricordare. ARABINel IX secolo, matematica e scienza stavano prosperando nelle culture islamiche, specialmente nell’attuale Iraq, dove viveva e insegnava uno dei più grandi matematici, Abu ‘Abd-Allah ibn Musa al-Khwarizmi. Nelle sue opere usò per il II i valori di 3 1/7, V10 e 62.832/20.000, attribuendo il primo ai greci e gli altri due a matematici indiani. Fatto più importante, nei suoi scritti usò le cifre indiane, successivamente note anche come arabe, compresi lo zero e la virgola dei decimali. MEDIOEVONel 1085 Alfonso VI di Castiglia strappò agli arabi la città di Toledo e, con essa, una grande biblioteca. Il sovrano promosse la traduzione latina di opere scientifiche dall’arabo, dal greco e dall’ebraico. Anche i crociati dell’ XI-XIII secolo portarono in patria libri e insegnamenti. Adelardo di Bath, all’inizio del XII secolo, tradusse in latino gli Elementi di Euclide, lAlmagesto di Tolomeo, le opere di al-Khwarizmi e introdusse nell’Occidente i numeri arabi e la relativa notazione. IL SEICENTO,SETTECENTO,OTTOCENTOIl metodo di esaustione era troppo scomodo per essere usato da molti altri nel tentativo di procedere oltre. Nel 1621 il matematico olandese Willebrord Snell trovò un metodo di calcolare fondato più sull’intelligenza che sulla resistenza. Mentre i suoi predecessori avevano ogni volta raddoppiato il numero dei lati di un poligono, Snell trovò un’approssimazione migliore usando lo stesso numero di lati. Semplicemente inscrivendo e circoscrivendo un esagono a un cerchio, poté determinare che II è compreso fra 3,14022 e 3,14160. Usando un poligono di 96 lati, Snell riuscì a determinare il valore di II fino alla sesta cifra decimale e con un po’ più di lavoro riuscì a verificare le 35 cifre decimali di van Ceulen. Christian Huygens inscrivendo semplicemente un triangolo riuscì incredibilmente a uguagliare l’approssimazione di Archimede per il valore di II; con un esagono riuscì a determinare nove cifre decimali esatte, usando i limiti 3,1415926533 e 3,1415926538. James
Gregory trovò una soluzione estremamente elegante del calcolo delle
arcotangenti, che condusse poi a un metodo completamente nuovo di
calcolare II: le serie di arcotangenti. Tre anni dopo che Gregory ebbe
trovato questa nuova soluzione, il tedesco Leibniz scoprì
indipendentemente la serie di arcotangenti. Leibniz fu uno dei padri del
calcolo infinitesimale. L’altro padre fu Newton (1642-1727). Per
determinare il rapporto della circonferenza al diametro non bastavano più
calcoli elementari. Il calcolo infinitesimale e le serie di arcotangenti
permisero ai matematici di
compiere calcoli molto più rapidi rispetto alla misurazione di poligoni;
in effetti il calcolo di soli quattro termini di una delle serie di Newton
dà 3,1416. Ben presto il vero problema divenne quello dell’efficienza:
trovare un’equazione che convergesse su II con la massima rapidità.
Alla fine del seicento, disponendo di questi nuovi strumenti, la ricerca
delle cifre decimali di II fece un brusco salto in avanti. Nel 1699 Sharp
trovò 72 cifre decimali; nel 1706 Machin 100 decimali; nel 1719 de Lagny
calcolò 127 cifre (ma solo 112 erano corrette). Settantacinque anni dopo,
Vega calcolò140 cifre. Poi,alla
metà del settecento, rivolse per breve tempo la sua attenzione al calcolo
di II uno fra i massimi e più prolifici matematici di tutti i tempi,
Leonhard Euler (meglio noto come Eulero). Eulero
trovò molte formule di arcotangenti e serie per calcolare II, usò un
metodo per calcolare 20 cifre decimali in una sola ora. Dopo i brillanti
passi avanti di Eulero, l’Ottocento sembra decisamente scarso se ci si
limita a considerare i progressi compiuti nei metodi per il calcolo di II. In
effetti, solo all’inizio del XX secolo un altro matematico avrebbe
trovato un nuovo insieme di equazioni da applicare al problema. I
cacciatori di cifre continuarono tuttavia a trovare un numero di cifre
sempre maggiore: Callet 152
(1837), Rutherford 208 (1841), Clausen 248 (1847), Rutherford 440 (1853),
Shanks 607 (1853), Shanks 707 (1873). IL NOVECENTO Nel
1945 D.F. Ferguson calcolò 530 cifre di II con una formula con
arcotangenti. Questo risultato fu il frutto di un intero anno di lavoro
con carta e penna, al ritmo medio di poco più di una cifra al giorno. Nel
1947 Ferguson, con l’aiuto di una delle prime calcolatrici da tavolo,
aveva trovato 808 cifre di II. Nel 1948 Smith e Wrench trovarono la
millesima cifra decimale di II. Nel 1949 G. Reitwiesner, J. von Neumann e
N.C. Metropolis usarono il computer Eniac, con 19.000 valvole e centinaia
di migliaia di resistori e capacitori, per calcolare 2037 cifre di II.
Questo calcolo richiese solo settanta ore con una media di una cifra ogni
due minuti. Con l’avvento dei computer elettronici, nel 1954, si potè
calcolare 3089 cifre in soli tredici minuti ( circa 4 cifre al secondo).
Nel 1958 le prime 704 cifre
in soli 40 secondi., Le prime 10.000 cifre in un’ora e quaranta minuti.
Nel 1961 con un Ibm 7090 furono trovate 100.265 cifre
con un tempo medio di 3 cifre al secondo. Nel
1973 J. Guilloud e M. Bouyer trovarono la milionesima cifra. Nel 1982 si
trovò il valore di II fino all’8.388.608 ° (= 2
) decimale in poco meno di sette ore. La combinazione di computer
sempre più potenti e
dell’algoritmo di Gauss-Brent- Salamin hanno lanciato i calcoli di II
verso altezze stratosferiche. Mentre scriviamo, Kanada e Takahashi hanno
calcolato e verificato più di 51 miliardi di cifre decimali di II,
stabilendo un nuovo record mondiale. Il
fatto di conoscere un numero di cifre di II sempre maggiore non è di
alcuna utilità in nessuna applicazione concreta che non sia quella di
mettere alla prova un nuovo computer. Una migliore conoscenza della natura
di II può invece rivelarsi importante per la comprensione della fisica,
della geometria e della matematica. II : UN NUMERO AFFASCINANTE La
storia di II ci permette anche di parlare di uno dei più importanti
matematici di questo secolo, S. Ramanujan ( 1887-1920). Nelle teorie di
Ramanujan si trova un’anticipazione del metodo che sta alla base dei più
recenti calcoli di II, anche se per applicarlo concretamente si è dovuta
attendere la messa a punto di algoritmi efficienti, di moderni
supercalcolatori e di nuovi modi per moltiplicare numeri. A distanza di
quasi ottant’anni, scienziati e matematici sono ancora impegnati a
studiare le affascinanti equazioni di questo genio, applicandole a
problemi quotidiani e usandole per generare altri algoritmi, progettati
per essere applicati in modo efficiente da computer. Queste sono equazioni
iterattive: permettono cioè di reintrodurre nella formula i risultati del
calcolo per avere un’approssimazione a II ancora migliore. I risultati
sono incredibili perché ogni volta che si fa girare l’algoritmo si può
raddoppiare o quadruplicare il numero delle cifre rilevanti. Ramanujan,
come la maggior parte dei matematici, non poté resistere alla tentazione
di esplorare II, e le sue grandi intuizioni permisero notevoli progressi
nello studio del numero. Le
cifre di II si susseguono all’infinito in un fiume che appare del tutto
casuale. Al di là del gusto di stabilire un certo tipo di record,
potrebbe sembrare che il tentativo di calcolare milioni di posti decimali
del numero sia del tutto ozioso. Trentanove cifre di II sono sufficienti
per calcolare la circonferenza di un cerchio che racchiuda l’intero
universo noto, con un errore non superiore al raggio di un atomo di
idrogeno. E’ difficile immaginare situazioni fisiche che richiedano un
numero maggiore di cifre. E allora perché matematici ed esperti di
calcolatori non si accontentano, diciamo delle prime 50 cifre decimali di
II ? Si possono dare diverse risposte. Una è che il calcolo di II è
diventato una sorta di parametro per l’elaborazione: serve come misura
della raffinatezza e dell’affidabilità dei calcolatori che lo
effettuano. Inoltre, la ricerca di valori sempre più precisi di II porta
i matematici a scoprire risvolti inattesi e interessanti della teoria dei
numeri. Un’altra motivazione, più sincera, è semplicemente
l’esistenza di II : “perché c’è”. In effetti, II è un tema
fisso della cultura matematica da più di due millenni e mezzo. Per di più,
esiste sempre la possibilità che questi calcoli servano a gettar luce su
alcuni dei misteri che circondano II, una costante universale ancora non
ben conosciuta nonostante la sua natura relativamente elementare.
Per altre informazioni su II….. Uno
dei siti Internet migliori è :
http://www.joyofpi.com
Libri: -Opere
di Archimede Utet
1974 -Le
gioie del II di D.Blatner
Ed. Garzanti 1999 -Viaggio
attraverso il genio di
W.Dunhan Zanichelli
1992 (cap I , IV e VII ) -Le
fascinant nombre II Ed. Belin
Collection “pour la science” (in francese) -A
history of Pi di P. Beckmann
Martin’s Press 1971
(in inglese) -Pi:
a source book di L. Berggren
Springer Verlag 1997
(in inglese) -articoli
vari su “Le scienze” (es.
n 39 , 46 , 236…….) APPENDICE
1: Cronologia APPENDICE
2: Disegni APPENDICE
3: Formule APPENDICE
4: La quadratura del cerchio è impossibile APPENDICE
5: Il calcolo di II col
metodo di Newton APPENDICE
6: “Misura del cerchio” di Archimede A
cura del prof. Baldoni Renzo, direttore del Museo |